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Favo – Favomosi

Il Favo (Favomosi) in dermatologia rappresenta un conglomerato di foruncoli spesso localizzato alla nuca, anche se è possibile che si estenda anche verso altre parti del corpo.

Si manifesta con una placca infiltrata e molto dolorosa, circondata da un esteso alone infiammatorio.

Il trattamento è sia medico che chirurgico.

Il termine “Favo” in ambito medico, viene utilizzato per descrivere una condizione nota come “Favomosi”, che è un conglomerato di foruncoli spesso localizzato alla nuca.

Il Favo è una variante della “Follicolite“, un’infiammazione dei follicoli piliferi della pelle, causata generalmente da un’infezione batterica.

Sebbene questa condizione sia difficile da gestire, il trattamento appropriato e le precauzioni preventive possono aiutarla.

È fondamentale consultare un dermatologo esperto in caso di sintomi sospetti per una diagnosi e un trattamento personalizzato.

Il trattamento tempestivo presso il centro per la cura della Favomosi di milano IDE, potrà ridurre il disagio e accelerare la guarigione.

Definizione medica del Favo

Il Favo è una condizione dermatologica caratterizzata dalla formazione di un gruppo di foruncoli, noti anche come ascessi, che si sviluppano all’interno dei follicoli piliferi e delle ghiandole sebacee nella regione della nuca.

È il risultato di un’infezione batterica, spesso causata dallo Staphylococcus aureus, che penetra attraverso piccole abrasioni o lesioni cutanee, innescando una reazione infiammatoria locale.

Cause della Favomosi sulla nuca

Il favo sulla nuca è una dolorosa infezione cutanea che può avere diverse cause.

Questa condizione è causata dall’infezione dei follicoli piliferi da parte di batteri, comunemente Staphylococcus aureus.

Il favo si presenta come un gruppo di foruncoli infiammati e dolorosi che si uniscono, formando un’area più ampia di infezione.

Il trattamento tempestivo è importante per prevenire complicazioni e la diffusione dell’infezione.

  • Scarsa igiene personale: Una delle cause principali del favo sulla nuca è la mancanza di un’adeguata igiene quotidiana. Se la pelle non viene lavata regolarmente, soprattutto in aree soggette a sudorazione come la nuca, si crea un ambiente favorevole alla proliferazione di batteri come lo Staphylococcus aureus. Questo rischio aumenta se si usano asciugamani sporchi o si trascurano abitudini fondamentali come il cambio frequente della biancheria.
  • Contatto diretto con persone infette: Il favo può essere trasmesso facilmente attraverso il contatto fisico, specialmente se si condividono oggetti personali come pettini, asciugamani o indumenti. I batteri responsabili possono sopravvivere su superfici e tessuti, rendendo semplice il contagio tra familiari o in ambienti affollati come palestre e spogliatoi.
  • Sistema immunitario indebolito: Un sistema immunitario compromesso non riesce a contrastare efficacemente i batteri, aumentando la vulnerabilità alle infezioni. Patologie croniche come il diabete mellito, l’HIV/AIDS, l’insufficienza renale o l’uso di farmaci immunosoppressori possono facilitare l’insorgenza di favi più profondi e resistenti.
  • Traumi o lesioni alla pelle: Anche una semplice abrasione, un taglio da rasatura o un graffio può rappresentare una porta d’ingresso per i batteri nei follicoli piliferi. Una volta penetrati nella pelle lesa, i batteri trovano terreno fertile per sviluppare infezioni che evolvono rapidamente in favi, spesso molto dolorosi.
  • Pelle grassa o condizioni cutanee preesistenti: Le persone con pelle oleosa, acne o dermatiti sono più soggette a sviluppare favi. L’accumulo di sebo o cellule morte può ostruire i follicoli piliferi, creando un ambiente anaerobico favorevole alla proliferazione batterica, che può innescare l’infezione.
  • Uso prolungato di corticosteroidi: Farmaci corticosteroidi, soprattutto se assunti per via sistemica o applicati frequentemente sulla pelle, sopprimono le naturali difese dell’organismo, aumentando la probabilità di sviluppare infezioni come i favi. Questo rischio è maggiore nei pazienti immunodepressi o che assumono questi farmaci per trattamenti cronici.
  • Alimentazione inadeguata: Una dieta povera di proteine, vitamine (in particolare vitamina C e zinco) e minerali può compromettere l’efficacia del sistema immunitario. Un corpo malnutrito fatica a rigenerare i tessuti e a combattere le infezioni, rendendo la pelle più vulnerabile allo sviluppo di favi ricorrenti.
  • Stress eccessivo: Lo stress cronico indebolisce progressivamente il sistema immunitario, compromettendo la capacità del corpo di difendersi da batteri e virus. Inoltre, lo stress può indurre comportamenti che peggiorano l’igiene personale o il rispetto delle terapie prescritte, contribuendo all’insorgenza o al peggioramento dei favi.
  • Esposizione a sostanze chimiche irritanti: L’utilizzo continuo di prodotti per la cura del corpo contenenti sostanze aggressive, come tensioattivi o alcol, può alterare la barriera cutanea, rendendo la pelle più suscettibile all’infezione. L’uso scorretto di detergenti industriali o cosmetici non adatti può favorire infiammazioni locali che degenerano in favi.
  • Cattiva gestione delle condizioni cutanee croniche: Malattie come eczema, psoriasi o dermatite atopica, se non controllate adeguatamente, compromettono l’integrità della pelle e facilitano l’ingresso di batteri patogeni. La presenza di microlesioni e il continuo grattamento peggiorano la situazione, favorendo la comparsa di favi multipli.
  • Mancanza di sonno: Un sonno insufficiente o di scarsa qualità influisce direttamente sulle funzioni immunitarie. La mancanza di riposo notturno indebolisce l’organismo, rallenta i processi di guarigione e rende più facile lo sviluppo di infezioni cutanee come i favi, soprattutto in combinazione con altri fattori predisponenti.
  • Predisposizione genetica: Alcuni soggetti presentano una maggiore tendenza a sviluppare favi a causa di una predisposizione ereditaria. Ciò può essere legato a una predisposizione all’acne, a disfunzioni immunitarie di tipo familiare o a caratteristiche della pelle che facilitano l’infiammazione follicolare.
  • Ambienti caldi e umidi: Il clima caldo e umido, o l’esposizione prolungata ad ambienti non ventilati, favorisce la sudorazione eccessiva, che può contribuire all’occlusione dei pori e alla proliferazione dei batteri. La nuca è particolarmente vulnerabile poiché spesso coperta da capelli o indumenti che trattengono calore e umidità.

La diagnosi e il trattamento precoci sono essenziali per prevenire complicazioni come la diffusione dell’infezione ad altre parti del corpo o lo sviluppo di un’infezione sistemica.

Il trattamento può includere l’uso di antibiotici topici o orali, drenaggio chirurgico del favo e misure di supporto per migliorare l’igiene e rafforzare il sistema immunitario.

Sintomi del Favo sulla Nuca

Il favomosi sulla nuca è un’infezione cutanea che presenta una serie di sintomi distintivi.

È importante riconoscere questi sintomi per poter intervenire tempestivamente e trattare adeguatamente la condizione.

I sintomi possono variare in gravità e includere segni visibili, sensazioni fisiche e manifestazioni sistemiche.

  • Dolore e sensibilità nella zona interessata: il dolore nella zona colpita è uno dei primi segnali dell’infezione. La pelle diventa estremamente sensibile al tatto, con una sensazione di bruciore e tensione che può estendersi anche ai tessuti limitrofi. Nei casi più gravi, il solo contatto con i vestiti può risultare doloroso, compromettendo il comfort quotidiano e limitando i movimenti, in particolare se il favo si trova in un’area come la nuca o la schiena.
  • Gonfiore: l’area infetta tende a gonfiarsi progressivamente a causa della risposta infiammatoria del corpo e dell’accumulo di pus. Questo rigonfiamento può diventare duro e teso, esercitando pressione sulle terminazioni nervose circostanti e aumentando la sensazione di fastidio o dolore. Se trascurato, il gonfiore può diffondersi, coinvolgendo ampie zone della cute e rendendo difficile la gestione dell’infezione.
  • Rossore della pelle: la pelle assume una colorazione rossa intensa attorno al centro dell’infezione, spesso con bordi ben definiti. Il rossore è un chiaro segnale di vasodilatazione e dell’aumentato afflusso sanguigno nella zona, tipico delle infezioni batteriche profonde. Questo arrossamento può estendersi progressivamente, e in alcune situazioni diventare lucido o addirittura violaceo se la pressione interna aumenta.
  • Calore nella zona interessata: la zona infetta tende a diventare notevolmente più calda rispetto ai tessuti circostanti. Questo aumento di temperatura è dovuto alla dilatazione dei vasi sanguigni e all’attività dei globuli bianchi che combattono l’infezione. Spesso il paziente percepisce un senso di calore pulsante, simile a una febbre localizzata, che peggiora con il progredire dell’infiammazione.
  • Formazione di pustole: una delle manifestazioni più evidenti del favo è la comparsa di pustole, piccole raccolte di pus che si formano attorno ai follicoli piliferi. Inizialmente isolate, queste pustole tendono a fondersi tra loro, creando una massa più grande e fluttuante. La loro comparsa è accompagnata da dolore crescente e può culminare nella rottura spontanea e nel drenaggio purulento.
  • Prurito: nelle prime fasi dell’infezione, il paziente può avvertire un fastidioso prurito, spesso confuso con una semplice irritazione cutanea. Il prurito può rappresentare l’inizio del processo infiammatorio e precedere di ore o giorni la formazione delle pustole. Grattarsi peggiora la situazione, favorendo la diffusione batterica e aumentando il rischio di cicatrici o infezioni secondarie.
  • Fuoriuscita di pus: con l’evolversi dell’infezione, le pustole tendono a rompersi, rilasciando una secrezione purulenta densa, spesso maleodorante. Il pus è composto da cellule morte, batteri e materiale infiammatorio e rappresenta un chiaro segno di attività infettiva. Una volta drenato, l’area può migliorare visibilmente, ma resta comunque infiammata e dolorosa per alcuni giorni.
  • Indurimento della pelle: l’infezione profonda stimola una risposta del tessuto connettivo che può portare all’ispessimento della pelle, con la formazione di una placca dura e fibrosa. Questo indurimento è spesso accompagnato da perdita di elasticità cutanea e può richiedere molto tempo per risolversi anche dopo la guarigione.
  • Febbre: nei casi più estesi o trascurati, l’organismo può rispondere con un aumento della temperatura corporea, segno che l’infezione ha oltrepassato i confini locali. La febbre può essere lieve o alta, ed è generalmente accompagnata da brividi, malessere e sudorazione. La presenza di febbre richiede attenzione medica immediata per evitare la diffusione dell’infezione nel sangue (batteriemia).
  • Malessere generale e stanchezza: l’impegno del sistema immunitario nel combattere l’infezione può causare una sensazione generale di debolezza, affaticamento e calo delle energie. Questo stato può peggiorare ulteriormente se la febbre è presente e può ridurre notevolmente la qualità della vita quotidiana, rendendo difficili le attività più semplici.

È essenziale riconoscere questi sintomi e consultare un medico per una diagnosi accurata e un trattamento appropriato.

Il trattamento può includere antibiotici, drenaggio del favo e misure di supporto per alleviare i sintomi e prevenire complicazioni.

I sintomi del Favo possono dunque includere:

  1. Conglomerato di foruncoli rossi e infiammati nella zona della nuca.
  2. Dolore e sensibilità nella regione colpita.
  3. Arrossamento e gonfiore intorno ai foruncoli.
  4. Presenza di pus o materiale purulento all’interno dei foruncoli.
  5. Prurito e sensazione di bruciore sulla pelle.
  6. Possibile febbre se l’infezione è estesa.

Altri nomi del Favo

Il favo, conosciuto principalmente come un’infezione cutanea, ha diversi nomi alternativi che variano a seconda della lingua, della regione e del contesto medico.

Questi nomi possono riflettere diverse sfumature della condizione o essere utilizzati in diverse culture e tradizioni mediche.

Di seguito vari nomi con cui il favo è conosciuto:

  • Carbunculus: Questo è il termine latino tradizionale usato in ambito medico per definire un’infezione cutanea profonda e confluente, composta da più foruncoli adiacenti. Deriva da “carbo”, cioè carbone, in riferimento al colore nerastro che può assumere il centro necrotico del favo. Nella medicina classica, il “carbunculus” era temuto per la sua capacità di espandersi rapidamente nei tessuti sottocutanei e per l’alto rischio di infezione sistemica, soprattutto in epoche in cui non esistevano antibiotici. Oggi, il termine è ancora usato nei testi scientifici per riferirsi a casi gravi di favo, particolarmente nei pazienti immunocompromessi o diabetici, dove il rischio di complicazioni è più elevato.
  • Carbonchio: Termine italiano che è l’equivalente diretto di “carbunculus”, usato nella medicina moderna per descrivere il favo, ovvero una massa infiammata composta da più foruncoli interconnessi. Il carbonchio si distingue dal foruncolo singolo per la sua maggiore estensione, profondità e tendenza a necrotizzare il tessuto circostante. Può manifestarsi con febbre, dolore intenso e fuoriuscita di pus da diversi punti. In alcune zone rurali o tra gli anziani, il termine è ancora usato colloquialmente per descrivere grosse infezioni cutanee, ed è a volte confuso con l’antrace cutaneo, da cui si differenzia per eziologia e prognosi.
  • Anthrax: Sebbene oggi il termine venga prevalentemente associato all’antrace, malattia grave causata da Bacillus anthracis, in medicina antica “anthrax” era impiegato per descrivere anche lesioni cutanee profonde simili a favi. Entrambi presentano necrosi centrale, ma l’antrace ha un’origine batterica specifica e può assumere forme sistemiche mortali. La somiglianza visiva ha contribuito alla confusione semantica: entrambe le lesioni mostrano escare nere centrali circondate da edema ed eritema. Il medico deve fare una diagnosi differenziale rapida, soprattutto in presenza di febbre e coinvolgimento linfonodale.
  • Boil Cluster: Questo termine inglese è molto usato in contesti clinici internazionali e descrive in modo immediato il raggruppamento di foruncoli che danno origine al favo. Ogni foruncolo rappresenta un’infezione del follicolo pilifero, e la loro confluenza dà luogo a una massa infiammatoria comune con drenaggio purulento multiplo. I “boil clusters” sono comuni nei soggetti con ridotta igiene personale, diabete mellito, o in chi è sottoposto a trattamenti immunosoppressivi. La gestione prevede incisione e drenaggio chirurgico, seguito da terapia antibiotica mirata.
  • Nido di Foruncoli: Espressione più figurata ma estremamente evocativa, usata per descrivere la configurazione centrale del favo. Proprio come un “nido”, la lesione si sviluppa da più foruncoli che si avvicinano progressivamente, fondendosi in un’unica struttura infiammatoria che tende a formare uno o più orifizi di drenaggio da cui esce pus denso e maleodorante. Questa forma può evolvere molto rapidamente, coinvolgendo anche il tessuto sottocutaneo e formando ascessi estesi. La presenza di un “nido di foruncoli” in una zona come la nuca, le cosce o la schiena richiede attenzione immediata per prevenire complicanze settiche.
  • Fruncolo Conglobato: Rappresenta una variante severa del foruncolo semplice, dove più follicoli infetti si fondono, generando una massa infiammata con necrosi centrale. Questo termine viene talvolta usato per descrivere il favo nei pazienti con acne conglobata o in contesti di follicolite cronica. Il fruncolo conglobato non risponde ai trattamenti topici convenzionali e richiede solitamente l’uso di antibiotici sistemici, drenaggio chirurgico e un’indagine microbiologica del pus per identificare ceppi resistenti come MRSA (Staphylococcus aureus meticillino-resistente).
  • Sore of Fire: Termine poetico e arcaico usato in epoche passate per evocare il dolore e il calore intenso generati da un favo in fase acuta. L’infiammazione diffusa e la necrosi del tessuto conferiscono alla zona infetta un aspetto “incandescente”, spesso con pelle lucida, tesa e arrossata. Il dolore pulsante può interferire con il sonno e la qualità della vita. Questa denominazione è ancora utilizzata in alcuni testi storici di medicina o nella letteratura descrittiva ottocentesca.
  • Abscesso Cutaneo: Sebbene il termine non sia specifico per il favo, viene spesso usato in maniera intercambiabile per indicare qualsiasi raccolta di pus sotto la pelle, inclusi favi e foruncoli. Tuttavia, un favo è un tipo particolare di ascesso multiplo e interconnesso. Gli ascessi possono complicarsi con fistole, febbre alta e diffusione ematogena dell’infezione (batteriemia). Il trattamento include spesso un’incisione chirurgica per il drenaggio, analisi colturali e un ciclo completo di antibiotici orali o endovenosi.
  • Pustole Conglomerate: Questo termine descrive con precisione l’aspetto clinico tipico del favo, dove si osservano più pustole riunite in un’unica massa infiammatoria. Ogni pustola rappresenta un piccolo accumulo di pus derivante da un’infezione follicolare, ma nel favo queste si uniscono a formare un unico grande agglomerato cutaneo con diverse vie di drenaggio. Questo conglomerato può essere estremamente doloroso, particolarmente duro alla palpazione, ed è spesso circondato da un alone di eritema diffuso. La presenza di pustole conglomerate è un segnale di un’infezione profonda che ha superato la barriera del singolo follicolo e necessita di un trattamento sistemico e di un attento monitoraggio medico per prevenire la disseminazione batterica.
  • Infezione da Stafilococco: Questo è spesso il termine generico con cui si identifica il favo, dato che il patogeno principale è lo Staphylococcus aureus. Nei casi più gravi, si tratta di ceppi meticillino-resistenti (MRSA), che richiedono una gestione antibiotica mirata. L’infezione da stafilococco, se localizzata, può essere gestita con antibiotici orali e drenaggio chirurgico, ma in soggetti immunocompromessi o con infezioni ricorrenti, può evolvere in condizioni sistemiche pericolose come la sepsi. La diagnosi batteriologica mediante tampone o coltura del pus è cruciale per identificare la resistenza agli antibiotici e impostare una terapia efficace.
  • Foruncolosi: Questo termine indica una condizione cronica o ricorrente caratterizzata dalla presenza frequente di foruncoli o favi in diverse aree del corpo. La foruncolosi è spesso legata a un’infezione persistente da stafilococchi, ma può anche essere associata a condizioni predisponenti come diabete, obesità, igiene precaria o disturbi del sistema immunitario. Nei pazienti affetti da foruncolosi, la presenza di favi rappresenta una delle manifestazioni più severe. Il trattamento richiede spesso un approccio combinato: antibiotici sistemici, igiene meticolosa, disinfezione locale e, nei casi gravi, immunoterapia o decolonizzazione da Staphylococcus aureus.
  • Piaga Purulenta: Anche se generico, questo termine è usato per indicare una lesione ulcerativa che produce pus. Nel caso del favo, la piaga purulenta è particolarmente estesa e caratterizzata da più punti di drenaggio, da cui fuoriesce materiale infetto misto a sangue e tessuto necrotico. Questa piaga è spesso maleodorante e dolorosa, e può ingrandirsi rapidamente se non trattata. L’aspetto clinico è quello di una “ferita aperta” che ha un impatto sia fisico che psicologico sul paziente. La guarigione richiede giorni o settimane e può lasciare cicatrici permanenti.
  • Hidradenitis Suppurativa: Sebbene distinta dal favo, questa condizione cronica infiammatoria può somigliare molto ad esso, soprattutto nei suoi stadi avanzati. L’hidradenitis è una malattia delle ghiandole sudoripare apocrine, tipicamente localizzata nelle ascelle, inguine e sotto il seno. Tuttavia, in presenza di noduli multipli e fistolizzazioni con pus denso, può essere confusa con una foruncolosi estesa o un favo. La distinzione è importante perché l’approccio terapeutico cambia: si passa da semplici antibiotici a trattamenti immunosoppressivi o chirurgia estensiva.
  • Tinea Barbae: Una forma di tinea (infezione fungina) che colpisce la zona della barba negli uomini. In alcuni casi, questa micosi può simulare l’aspetto di un favo, con lesioni nodulari, pustole, e croste. Tuttavia, la tinea barbae è causata da dermatofiti e richiede un trattamento antimicotico, non antibiotico. L’errore diagnostico può portare a una gestione inefficace e alla cronicizzazione della condizione. La dermatoscopia e la coltura micotica sono strumenti diagnostici chiave per distinguerla da un’infezione batterica come il favo.
  • Impetigine: Malattia infettiva superficiale della pelle, comune nei bambini, causata da stafilococchi o streptococchi. Sebbene di solito si presenti con croste giallastre (“a miele”), l’impetigine bollosa può formare pustole e vescicole che ricordano un favo in miniatura. La differenza principale sta nella profondità dell’infezione: l’impetigine è limitata agli strati superficiali, mentre il favo coinvolge il tessuto sottocutaneo. In casi trascurati, però, l’impetigine può estendersi e sovrapporsi a lesioni già infette, complicando la diagnosi.
  • Erisipela: Infezione acuta degli strati superficiali della pelle e del tessuto sottocutaneo, causata da streptococchi. Si distingue dal favo per l’aspetto più uniforme e i margini ben definiti, oltre alla febbre alta e al coinvolgimento linfatico. Tuttavia, quando localizzata vicino a un favo, l’erisipela può sovrapporsi e creare un quadro infettivo misto molto aggressivo. Il trattamento richiede antibiotici ad ampio spettro e un’attenta sorveglianza clinica per evitare la diffusione sistemica.
  • Piodermite: Il termine piodermite è usato per descrivere genericamente tutte le infezioni cutanee purulente causate da batteri, in particolare stafilococchi e streptococchi. Il favo rappresenta una delle forme più gravi di piodermite, dove l’infezione non si limita agli strati superficiali della pelle ma penetra in profondità nel derma e nel tessuto sottocutaneo. Le piodermiti includono anche impetigine, ectima e follicolite. Nei casi di favo, la piodermite si manifesta con una reazione infiammatoria intensa, accompagnata da necrosi e fuoriuscita di materiale purulento. Il trattamento può richiedere antibiotici sistemici, drenaggio chirurgico e, nei casi più resistenti, la coltura batterica per determinare l’antibiotico più efficace.
  • Follicolite: È un’infiammazione dei follicoli piliferi, che può essere superficiale o profonda. Quando non trattata adeguatamente, una follicolite profonda può progredire fino a formare un foruncolo, o più foruncoli riuniti in un favo. La follicolite è spesso causata da Staphylococcus aureus, ma può anche derivare da batteri gram-negativi, funghi o lieviti come la Candida. Il trattamento tempestivo della follicolite può prevenire l’evoluzione in favo. Tuttavia, in pazienti immunocompromessi o in presenza di cattive abitudini igieniche, questa condizione può aggravarsi, provocando dolore, arrossamento diffuso e formazione di pustole multiple confluenti.
  • Infezione Batterica Cutanea Profonda: Questa espressione descrive in modo accurato il livello di gravità di un favo. A differenza di altre infezioni cutanee più superficiali, come la dermatite o la follicolite semplice, il favo penetra negli strati profondi della pelle, spesso raggiungendo il tessuto sottocutaneo. Ciò comporta un rischio maggiore di complicazioni, tra cui la disseminazione ematogena del batterio, la formazione di ascessi secondari o la comparsa di sepsi. I pazienti con favi estesi o situati in aree critiche (come la faccia o il collo) devono essere monitorati per segni sistemici come febbre, linfoadenopatia e tachicardia, poiché questi potrebbero indicare una progressione verso un’infezione generalizzata.
  • Superinfezione: Quando un favo si sviluppa in un’area già affetta da una patologia cutanea (ad esempio eczema, psoriasi o dermatite atopica), si parla di superinfezione. In questi casi, la barriera cutanea è già compromessa, facilitando l’ingresso e la moltiplicazione dei batteri. Una superinfezione può peggiorare rapidamente il quadro clinico, con un’espansione dell’eritema, formazione di nuove pustole e peggioramento del dolore locale. Le superinfezioni sono particolarmente frequenti nei soggetti immunodepressi o nei pazienti che fanno uso prolungato di corticosteroidi topici. Il trattamento deve essere più aggressivo, con antibiotici sistemici, disinfezione locale quotidiana e, in certi casi, sospensione delle terapie che hanno contribuito alla compromissione della barriera cutanea.

Conoscere questi termini alternativi è utile non solo per la comprensione medica e accademica, ma anche per comunicare efficacemente con professionisti sanitari di diverse regioni e culture.

Ogni termine può portare con sé sfumature specifiche che aiutano a descrivere meglio la natura e la gravità dell’infezione.


Tipologie di Favo della Nuca

Il favo sulla nuca è una manifestazione cutanea che può variare in base a diversi fattori, tra cui la causa dell’infezione, la profondità e la gravità della condizione, e il tipo di batteri coinvolti.

Comprendere le diverse tipologie di favo può aiutare nella diagnosi e nel trattamento.

Ecco le principali tipologie di favo della nuca:

  • Favo superficiale: Questa forma di favo interessa gli strati epidermici più esterni della pelle e rappresenta la manifestazione meno grave tra le tipologie. Si presenta con arrossamento, lieve gonfiore, prurito e la comparsa di piccole pustole che possono essere isolate o raggruppate. Nonostante l’infezione sia presente, non si estende ai tessuti profondi, il che consente una gestione ambulatoriale con terapie topiche come antibiotici locali (es. mupirocina), antisettici cutanei e attenzione all’igiene quotidiana. La prognosi è solitamente eccellente, soprattutto se trattato ai primi segni.
  • Favo profondo: In questo caso, l’infezione raggiunge gli strati dermici profondi e può interessare il tessuto sottocutaneo. I sintomi sono decisamente più intensi e includono forte dolore, tumefazione marcata, calore locale e, talvolta, febbre e malessere generale. La pelle può apparire tesa, lucida e arrossata. Il trattamento richiede l’utilizzo di antibiotici sistemici, scelti spesso in base a colture batteriche, e, se necessario, incisione e drenaggio chirurgico dell’ascesso. Il recupero può richiedere più tempo, e in assenza di trattamento, il rischio di complicanze aumenta sensibilmente.
  • Favo necrotico: Questa variante è tra le più severe ed è caratterizzata dalla necrosi del tessuto cutaneo nell’area infetta. La pelle può assumere un colore scuro o violaceo, segno della perdita di vitalità del tessuto. Il pus accumulato e la presenza di batteri altamente virulenti, come ceppi di Staphylococcus aureus, determinano un’infiammazione violenta. È fondamentale intervenire tempestivamente con un approccio combinato: chirurgia per la rimozione del tessuto necrotico (debridement), antibiotici mirati e supporto generale del paziente, inclusa idratazione e nutrizione. Il rischio di setticemia è concreto, rendendo il ricovero ospedaliero spesso necessario.
  • Favo ricorrente: Questo tipo si manifesta con episodi ripetuti di favo, spesso nella stessa area. Può essere indicativo di un problema immunitario sottostante o di una colonizzazione cronica da parte di stafilococchi, anche nel naso o nella gola. È comune nei pazienti con diabete non controllato, obesità, carenze vitaminiche o stress cronico. La terapia non si limita al trattamento dell’episodio acuto, ma prevede anche una profilassi con igiene intensiva, disinfezione delle aree predisposte, uso di decolonizzanti come mupirocina nasale, e, in alcuni casi, una profilassi antibiotica a basso dosaggio per prevenire la recidiva.
  • Favo associato a diabete: I pazienti diabetici hanno una predisposizione naturale alle infezioni cutanee a causa di una combinazione di fattori: glicemia elevata, ridotta funzionalità immunitaria e microangiopatia. Il favo in questi pazienti tende a essere più profondo, più doloroso, a evolversi più lentamente e a rispondere meno prontamente alla terapia. Il trattamento efficace richiede un doppio intervento: da un lato la gestione dell’infezione con antibiotici e, se necessario, drenaggio; dall’altro, un attento controllo glicemico attraverso dieta, insulina o ipoglicemizzanti orali. La prevenzione delle recidive è essenziale.
  • Favo MRSA: Questo tipo è causato da Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, un batterio difficile da trattare con gli antibiotici convenzionali. Il favo MRSA è spesso doloroso, profondo e può avere un decorso prolungato. È altamente contagioso, soprattutto in ambienti comunitari come palestre, caserme, scuole. Richiede antibiotici specifici come trimetoprim-sulfametossazolo, clindamicina, linezolid o vancomicina (in caso di infezioni sistemiche). L’isolamento del paziente e la disinfezione degli oggetti personali e dell’ambiente sono misure fondamentali per limitare la diffusione.
  • Favo pediatrico: Nei bambini, il favo può assumere una forma più rapida ma con sintomi meno gravi. Tuttavia, i bambini hanno una pelle più delicata e un sistema immunitario in via di sviluppo, per cui è essenziale intervenire prontamente. Le terapie includono antibiotici topici o sistemici in base alla gravità, analgesici, e misure per mantenere pulita l’area interessata. È importante coinvolgere i genitori nell’educazione all’igiene e alla prevenzione delle recidive, soprattutto se il bambino frequenta ambienti collettivi.
  • Favo da follicolite: Questa variante si sviluppa a partire da una follicolite, ossia un’infiammazione del follicolo pilifero che evolve in infezione profonda. Spesso causata da irritazioni da rasatura, sudorazione eccessiva o attrito costante, la follicolite può essere sottovalutata, permettendo ai batteri di penetrare e diffondersi. Una volta che il favo si forma, è necessario intervenire con antibiotici sistemici, prodotti topici antibatterici, ed eventualmente drenaggio. Anche in questo caso, la prevenzione futura si basa su una corretta igiene della pelle, uso di abbigliamento traspirante e corretta tecnica di rasatura.
  • Favo associato a malattie croniche della pelle: Condizioni come eczema, psoriasi o dermatite atopica danneggiano la barriera cutanea, rendendo più facile l’ingresso dei batteri. Quando il favo si sviluppa in queste aree già infiammate, può essere difficile da diagnosticare e ancora più complicato da trattare. È necessario un approccio combinato che includa terapie per controllare la malattia dermatologica cronica, insieme a trattamenti antibiotici per l’infezione. Il controllo a lungo termine richiede il coordinamento tra dermatologo e medico curante.
  • Favo post-operatorio: Può insorgere a seguito di un intervento chirurgico, soprattutto se la ferita viene contaminata da batteri patogeni durante o dopo l’operazione. I pazienti con favi post-operatori necessitano di un’attenta valutazione per escludere complicanze come ascessi profondi, infezioni della ferita chirurgica o necrosi dei tessuti. Il trattamento può comprendere l’apertura della ferita, il drenaggio del pus, una terapia antibiotica mirata e, nei casi più gravi, la revisione chirurgica del sito operatorio. La profilassi antibiotica e una corretta medicazione post-operatoria sono fondamentali per la prevenzione.
  • Favo causato da igiene scarsa: L’insorgenza di favi è spesso favorita da condizioni igieniche precarie, come ambienti sovraffollati, sudorazione eccessiva, indumenti sporchi o mancanza di doccia quotidiana. Questa forma di favo è più frequente in popolazioni vulnerabili o in persone che vivono in condizioni disagiate. La prevenzione e il trattamento includono l’educazione all’igiene personale, l’uso quotidiano di saponi antisettici, il cambio frequente di indumenti e biancheria e, nei casi più gravi, il trattamento con antibiotici per eradicare l’infezione.
  • Favo immunocompromesso: Si verifica in pazienti con difese immunitarie ridotte, come quelli affetti da HIV, neoplasie, in terapia con immunosoppressori o chemioterapia. In questi individui, anche un’infezione cutanea apparentemente banale può diventare pericolosa. Il favo tende a essere più esteso, doloroso e resistente alle terapie convenzionali. Spesso è necessario un trattamento ospedaliero con antibiotici endovenosi, cure di supporto e, in alcuni casi, misure chirurgiche. Il follow-up è essenziale per monitorare la risposta e prevenire recidive.

Comprendere queste tipologie di favo sulla nuca è fondamentale per una diagnosi accurata e un trattamento efficace.

Ogni tipologia può presentare sfide uniche che richiedono un approccio personalizzato per garantire una guarigione completa e prevenire complicazioni.


La Favomosi è una patologia pericolosa?

Il favo, noto anche come carbunculus o carbonchio, è un’infezione cutanea che può essere pericolosa se non trattata adeguatamente.

È causato principalmente dai batteri Staphylococcus aureus, che infettano i follicoli piliferi e creano un gruppo di foruncoli infiammati e dolorosi.

La gravità del favo dipende da vari fattori, tra cui la profondità dell’infezione, la tempestività del trattamento e lo stato di salute generale del paziente.

Le complicazioni potenziali del favo possono rendere questa condizione pericolosa.

Una delle principali complicazioni è la possibilità che l’infezione si diffonda ai tessuti circostanti, causando cellulite, un’infiammazione diffusa della pelle e del tessuto sottocutaneo.

Se l’infezione penetra nel flusso sanguigno, può causare batteriemia o sepsi, condizioni potenzialmente letali che richiedono un trattamento medico immediato.

Le persone con un sistema immunitario compromesso sono particolarmente a rischio.

Questo gruppo include individui con diabete, HIV/AIDS, pazienti sottoposti a chemioterapia o coloro che assumono farmaci immunosoppressori.

In questi casi, il corpo ha una ridotta capacità di combattere le infezioni, rendendo il favo più difficile da trattare e aumentando il rischio di complicazioni gravi.

Il favo può anche causare dolore intenso e disagio, limitando la mobilità e influenzando negativamente la qualità della vita.

Il gonfiore e l’infiammazione possono essere così pronunciati da rendere difficili i movimenti del collo, soprattutto se il favo si sviluppa sulla nuca.

Inoltre, la fuoriuscita di pus e il rischio di infezioni secondarie rendono necessario un trattamento igienico costante.

Il trattamento del favo generalmente include antibiotici per combattere l’infezione batterica e, in alcuni casi, può essere necessario il drenaggio chirurgico per rimuovere il pus accumulato.

È importante seguire attentamente le indicazioni mediche per evitare recidive e garantire una guarigione completa.

Nei casi più gravi, può essere necessario un ricovero ospedaliero per monitorare e trattare adeguatamente l’infezione.

La prevenzione gioca un ruolo cruciale nel ridurre il rischio di sviluppare un favo.

Mantenere una buona igiene personale, evitare di condividere oggetti personali come asciugamani e pettini, e trattare tempestivamente qualsiasi infezione cutanea minore possono aiutare a prevenire l’insorgenza di favi.

Alla luce di tutto questo, il favo può essere una patologia pericolosa se non trattata adeguatamente.

Le complicazioni possono essere gravi, soprattutto per individui con un sistema immunitario compromesso.

Ad ogni modo con un trattamento tempestivo e appropriato, la maggior parte dei favi può essere gestita efficacemente, riducendo il rischio di complicazioni e promuovendo una guarigione completa.


Clinica IDE: visita e diagnosi della Favomosi a Milano

La visita e la diagnosi del favo (o Favomosi) della nuca sono fondamentali per un trattamento efficace e per prevenire complicazioni.

Ecco una panoramica dettagliata dei passi tipici coinvolti in questo processo:

  1. Anamnesi del paziente: Il processo diagnostico ha inizio con una raccolta meticolosa della storia clinica, durante la quale il medico pone domande dettagliate riguardo all’insorgenza del favo, la sua durata, l’intensità del dolore percepito, eventuali precedenti episodi simili, la presenza di patologie sistemiche come diabete mellito o immunodeficienze, e l’uso recente di farmaci immunosoppressori o corticosteroidi, poiché questi fattori possono influenzare sia la comparsa che la gravità dell’infezione.
  2. Esame fisico: Viene effettuata un’attenta ispezione dell’area della nuca per valutare segni clinici tipici del favo come arrossamento cutaneo, gonfiore, calore localizzato, presenza di multiple pustole confluenti, eventuale fuoriuscita di pus, e la consistenza dei tessuti; inoltre, viene eseguita la palpazione dei linfonodi cervicali per verificare la presenza di linfoadenopatia, che può indicare una risposta infiammatoria sistemica o locale.
  3. Valutazione della sensibilità e del dolore: Il medico esplora la percezione soggettiva del dolore da parte del paziente e testa la risposta alla pressione sull’area colpita, al fine di stabilire la gravità dell’infezione e calibrare un’adeguata strategia analgesica, tenendo conto che un’elevata sensibilità o una risposta eccessivamente dolorosa possono essere indice di infiammazione profonda o di necrosi sottocutanea in via di sviluppo.
  4. Prelievo di campioni: Se si sospetta un’infezione batterica estesa o resistente, viene eseguito il prelievo di pus mediante ago sterile o tramite tampone direttamente dalla lesione per l’analisi colturale, con lo scopo di identificare l’agente patogeno specifico e testarne la sensibilità agli antibiotici (antibiogramma), migliorando la precisione terapeutica e riducendo l’uso empirico di farmaci non mirati.
  5. Esami del sangue: In presenza di sintomi sistemici come febbre, brividi o malessere generalizzato, possono essere richiesti esami ematochimici come emocromo, VES, PCR e dosaggio della procalcitonina, allo scopo di valutare il livello di infiammazione sistemica e identificare precocemente eventuali complicanze come batteriemia o sepsi, che richiederebbero interventi terapeutici urgenti e intensivi.
  6. Diagnosi differenziale: Vengono considerate altre possibili condizioni dermatologiche che possono imitare il favo, tra cui follicolite profonda, impetigine bollosa, ascesso sottocutaneo, erisipela, cisti infette o infezioni fungine, con l’obiettivo di escludere patologie simili attraverso un’attenta valutazione clinica, anamnestica e talvolta attraverso esami strumentali o laboratoristici mirati.
  7. Discussione delle opzioni di trattamento: Una volta formulata la diagnosi definitiva, il medico illustra al paziente le opzioni terapeutiche disponibili, tra cui terapie farmacologiche (antibiotici orali o topici), trattamenti locali come impacchi caldi per favorire il drenaggio spontaneo del pus, e in casi più complessi, il ricorso al drenaggio chirurgico, specificando i pro e i contro di ciascun approccio terapeutico.
  8. Piano di trattamento personalizzato: Tenendo conto delle caratteristiche cliniche specifiche del paziente, della gravità dell’infezione e della presenza di eventuali comorbidità, viene elaborato un piano terapeutico individualizzato che può includere la prescrizione di antibiotici mirati, istruzioni per la gestione domiciliare della lesione, cure locali quotidiane e una pianificazione strutturata del follow-up.
  9. Educazione del paziente: Il medico fornisce consigli pratici e personalizzati su come mantenere l’area pulita, come effettuare il cambio delle medicazioni, quali segnali devono indurre a richiedere assistenza urgente (come peggioramento del gonfiore, comparsa di febbre alta o fuoriuscita abbondante di pus), e l’importanza di evitare il grattamento o la manipolazione della lesione per prevenire la diffusione dell’infezione.
  10. Follow-up e monitoraggio: Viene stabilito un calendario di controlli successivi per monitorare l’evoluzione clinica della lesione e valutare la risposta al trattamento; durante le visite di controllo, il medico verifica il grado di regressione dell’infezione, esamina l’integrità della pelle e valuta se vi sia la necessità di modificare la terapia in corso o di ricorrere ad ulteriori esami diagnostici.
  11. Intervento chirurgico (se necessario): Nei casi più gravi, con favo necrotico o non rispondente alla terapia antibiotica, il medico può decidere di procedere con un’incisione chirurgica in ambiente sterile per drenare il pus e rimuovere eventuali tessuti infetti o necrotici, riducendo così il carico batterico locale e accelerando la guarigione dei tessuti circostanti.
  12. Prevenzione delle recidive: A infezione risolta, il medico discute con il paziente le strategie preventive da adottare per evitare future ricadute, tra cui una migliore igiene personale, la disinfezione di oggetti a contatto con la nuca (come cuscini, pettini o caschi), l’adozione di uno stile di vita più sano e, nei casi di favo ricorrente, l’eventuale ricorso a profilassi antibiotica o a valutazioni immunologiche approfondite.

La visita e la diagnosi accurate sono essenziali per gestire efficacemente il favo della nuca e prevenire complicazioni.

La collaborazione tra medico e paziente gioca un ruolo cruciale nel garantire una guarigione completa e ridurre il rischio di recidive.

Centro IDE: trattamenti per la cura del Favo (Favomosi) a Milano

Il Favo, noto anche come follicolite acuta della nuca o Favomosi, è una condizione dermatologica rara ma fastidiosa che si verifica sulla pelle della nuca, questa patologia viene affrontata, diagnosticata e trattata presso il Centro dermatologico IDE di Milano con successo..

Si tratta di un gruppo di foruncoli che si sviluppano all’interno dei follicoli piliferi e delle ghiandole sebacee della zona.

I foruncoli che compongono la parte lesionata del Favo si chiamano anche “boils” o “ascessi”.

La formazione di foruncoli è il risultato dell’infiammazione dei follicoli e delle ghiandole sebacee causata da questa infezione.

Gli individui che hanno un sistema immunitario compromesso, come quelli affetti da diabete o immunodeficienze, possono avere una maggiore probabilità di sviluppare questa condizione.

Il FAVO (o Favomosi) è diagnosticato da un dermatologo esperto di Milano del centro IDE per la cura della Favomosi, che esaminerà la zona colpita.

In alcuni casi, potrebbe essere necessaria un’aspirazione per determinare la gravità dell’infezione.

Il trattamento del FAVO dipende dalla gravità dei sintomi e dalla portata dell’infezione.

Possibili trattamenti possono includere:

  1. Antibiotici: Per affrontare l’infezione batterica responsabile del favo, il medico può prescrivere antibiotici sistemici (per via orale o, nei casi più gravi, per via endovenosa) oppure topici (sotto forma di creme o unguenti da applicare direttamente sulla zona interessata); la scelta del tipo e della durata del trattamento dipende dalla gravità dell’infezione, dalla presenza di batteri resistenti come lo Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA), dalla risposta del paziente ai trattamenti precedenti e da eventuali allergie note.
  2. Drenaggio post operazione chirurgica: Quando il favo si presenta in forma profonda, estesa o non risponde alla terapia antibiotica, può rendersi necessario un drenaggio chirurgico, una procedura eseguita in ambito ambulatoriale o ospedaliero in anestesia locale, durante la quale il medico pratica un’incisione nell’area colpita per consentire al pus accumulato di fuoriuscire, riducendo così l’infiammazione, il dolore e il rischio di diffusione sistemica dell’infezione; dopo il drenaggio, la cavità viene solitamente medicata e monitorata con regolari controlli.
  3. Igiene per la cura della pelle: La gestione quotidiana dell’igiene personale è fondamentale nella prevenzione e nella cura del favo: mantenere la zona della nuca pulita e asciutta riduce drasticamente la proliferazione batterica; è essenziale lavarsi regolarmente con saponi delicati, evitare l’uso condiviso di asciugamani, pettini o cuscini e astenersi dal toccare, spremere o grattare i foruncoli, per evitare l’aggravamento dell’infezione o la sua diffusione ad altre aree della pelle.
  4. Metodi di cura specifici: Oltre agli antibiotici, il trattamento del favo può includere l’uso di terapie topiche specifiche come creme a base di mupirocina, acido fusidico o clorexidina, che hanno proprietà antibatteriche e antinfiammatorie, aiutando a ridurre il gonfiore, il rossore e l’essudazione; in alcune situazioni, il medico può consigliare anche l’applicazione di impacchi caldi umidi per favorire la maturazione del favo e il drenaggio spontaneo del pus, accelerando il processo di guarigione e migliorando il comfort del paziente.

Prevenzione per la Favomosi

Un certo numero di azioni può aiutare a prevenire il FAVO e altre condizioni simili o correlate:

  • Mantenere pulita la pelle e la nuca.
  • Evitare di condividere asciugamani, spazzole e pettini con altre persone.
  • Indossare cappelli o copricapi troppo stretti o sudati non dovrebbe essere fatto per periodi di tempo prolungati.
  • Trattare tempestivamente qualsiasi lesione cutanea della zona per prevenire l’infezione.

Terapie Specifiche della Favomosi presso IDE Milano

Il trattamento del favo, o favomosi, è essenziale per alleviare i sintomi, eliminare l’infezione e prevenire complicazioni.

La terapia può variare a seconda della gravità dell’infezione e delle condizioni mediche preesistenti del paziente.

Ecco un elenco dettagliato dei trattamenti disponibili per la cura del favo:

  1. Trattamenti Antibiotici
    • Antibiotici topici: Vengono applicati direttamente sulla pelle infetta per combattere i batteri localmente. Sono indicati per favi di lieve entità.
    • Antibiotici orali: Prescritti per infezioni più gravi o diffuse. Questi farmaci aiutano a eliminare l’infezione dall’interno del corpo.
    • Antibiotici endovenosi: Utilizzati in casi di infezioni severe che richiedono un intervento rapido. Somministrati generalmente in ospedale.
  2. Drenaggio e Procedure Chirurgiche
    • Incisione e drenaggio: Questa procedura viene eseguita per rimuovere il pus accumulato all’interno del favo. Il drenaggio riduce la pressione e il dolore e accelera la guarigione.
    • Rimozione chirurgica: In casi estremi, può essere necessario rimuovere chirurgicamente il tessuto infetto per prevenire la diffusione dell’infezione.
  3. Terapie di Supporto
    • Impacchi caldi: L’applicazione di impacchi caldi sulla zona infetta può aiutare a ridurre il dolore e favorire il drenaggio del pus.
    • Analgesici: Farmaci antidolorifici come paracetamolo o ibuprofene possono essere usati per gestire il dolore associato al favo.
    • Igiene della pelle: È fondamentale mantenere l’area infetta pulita e asciutta. Lavare delicatamente con acqua e sapone antibatterico aiuta a prevenire la diffusione dell’infezione.
  4. Trattamenti Preventivi
    • Igiene personale: Migliorare l’igiene personale, inclusa la pulizia regolare della pelle e l’uso di asciugamani puliti, può prevenire la formazione di nuovi favi.
    • Evitare condivisioni di oggetti personali: Non condividere asciugamani, pettini e altri oggetti personali che possono diffondere i batteri.
    • Vestiti puliti: Indossare abiti puliti e cambiare frequentemente la biancheria intima aiuta a mantenere la pelle libera da batteri.
  5. Trattamenti per Condizioni Sottostanti
    • Gestione del diabete: Per i pazienti diabetici, mantenere i livelli di glucosio nel sangue sotto controllo è essenziale per prevenire infezioni cutanee.
    • Trattamento di condizioni cutanee croniche: Gestire condizioni come eczema o psoriasi riduce il rischio di sviluppare favi.
  6. Rimedi Naturali e Complementari
    • Oli essenziali: Alcuni oli essenziali, come l’olio di tea tree, hanno proprietà antibatteriche e possono essere usati come trattamento complementare. Tuttavia, è importante usarli con cautela e sotto supervisione medica.
    • Impacchi con erbe: Impacchi a base di erbe come la calendula possono aiutare a ridurre l’infiammazione e favorire la guarigione.
  7. Educazione del Paziente
    • Consapevolezza dei sintomi: Educare i pazienti a riconoscere i primi segni di infezione permette un intervento tempestivo.
    • Istruzioni post-trattamento: Fornire istruzioni dettagliate su come prendersi cura della lesione dopo il trattamento per prevenire recidive.
    • Segnalazione di complicazioni: I pazienti devono sapere quando cercare assistenza medica per complicazioni come febbre alta, dolore intenso o segni di diffusione dell’infezione.
  8. Follow-Up
    • Visite di controllo: Programmare visite di follow-up per monitorare la guarigione e l’efficacia del trattamento.
    • Aggiornamento del piano di trattamento: Modificare il piano di trattamento se necessario in base alla risposta del paziente e alla progressione della guarigione.
  9. Immunoterapia
    • Vaccinazioni: In alcuni casi, potrebbe essere utile discutere con il medico della possibilità di vaccinazioni contro specifici batteri, come il Staphylococcus aureus, per prevenire future infezioni.

Un approccio combinato che include trattamento medico, igiene personale e gestione delle condizioni sottostanti è essenziale per la cura efficace del favo e per prevenire recidive.


SEZIONI MEDICHE CORRELATE AL TRATTAMENTO FAVO DA NUCA

PRESTAZIONI MEDICHE DEDICATE ALLA DIAGNOSI DEL FAVO DA NUCA

COLLEGAMENTI AD ALTRE MANIFESTAZIONI CONNESSE AL FAVO DA NUCA


Patologie dermatologiche correlate alla Favomosi

La favomosi, o infezione da favo, è spesso correlata a diverse patologie dermatologiche.

Queste condizioni possono predisporre all’insorgenza del favo o essere complicate dalla sua presenza.

Ecco un elenco dettagliato delle principali patologie dermatologiche correlate alla favomosi:

  • Follicolite: Un’infiammazione dei follicoli piliferi causata da infezioni batteriche, fungine o virali, che si manifesta con pustole o papule eritematose; se non trattata correttamente, può peggiorare e trasformarsi in una forma più grave, con diffusione dell’infezione nel derma profondo, evolvendo così in un vero e proprio favo, soprattutto nelle aree ricche di peli come la nuca.
  • Furunculosi: Una condizione cutanea caratterizzata dalla presenza multipla di foruncoli profondi e dolorosi, spesso causati dallo Staphylococcus aureus, che si sviluppano attorno ai follicoli piliferi e che, in casi gravi, possono confluire dando origine a un favo; la recidività della furunculosi, tipica nei pazienti immunocompromessi o diabetici, è un fattore di rischio importante per la favomosi.
  • Impetigine: Un’infezione batterica superficiale estremamente contagiosa, comune nei bambini ma osservabile anche negli adulti, causata da streptococchi o stafilococchi, che si presenta con croste giallastre e vescicole; se le lesioni non vengono trattate o se vengono grattate ripetutamente, possono infettarsi ulteriormente e portare a infezioni più profonde come il favo.
  • Erisipela: Un’infezione acuta della pelle e del tessuto sottocutaneo, visibile come una chiazza rossa, calda, dolente e con bordi ben definiti, causata spesso da Streptococcus pyogenes; pur essendo una condizione prevalentemente superficiale, può costituire un punto di partenza per la diffusione batterica verso i follicoli e quindi facilitare la formazione di favi.
  • Cellulite: Un’infezione batterica che coinvolge gli strati più profondi della cute e del tessuto sottocutaneo, provocando gonfiore diffuso, dolore e febbre; può insorgere in concomitanza con un favo, o addirittura essere una sua complicanza, in particolare quando l’infezione si estende oltre il sito primario.
  • Hidradenitis Suppurativa: Una malattia infiammatoria cronica che coinvolge le ghiandole sudoripare apocrine, specialmente in aree come ascelle, inguine e nuca, e si presenta con noduli dolorosi, ascessi e sinus tratti fistulosi; la presenza cronica di lesioni infette aumenta significativamente la probabilità di sviluppare favi multipli e recidivanti.
  • Acne: Una patologia dermatologica molto diffusa che colpisce i follicoli piliferi e le ghiandole sebacee, spesso esacerbata da squilibri ormonali; le forme nodulo-cistiche gravi di acne possono creare un ambiente favorevole alla sovrainfezione batterica, facilitando la formazione di favi, in particolare nelle zone posteriori del collo.
  • Psoriasi: Una malattia autoimmune cronica caratterizzata dalla formazione di placche eritematose e squamose; benché non infettiva, le microfessure della pelle lesionata e il grattamento continuo possono rappresentare un punto di accesso per i batteri patogeni, rendendo più probabile l’insorgenza di infezioni come il favo.
  • Dermatite Atopica (Eczema): Un disturbo infiammatorio cronico della pelle che si manifesta con forte prurito, secchezza e arrossamento, talvolta associato a cute fissurata e lichenificata; il grattamento intenso può favorire la colonizzazione batterica, in particolare da parte dello Staphylococcus aureus, che può evolvere in foruncolosi e quindi in favo.
  • Diabete Mellito: Una condizione metabolica sistemica che altera la capacità dell’organismo di gestire gli zuccheri nel sangue e che, a causa dell’immunosoppressione associata, espone il paziente a un rischio molto elevato di infezioni cutanee profonde, come i favi, che possono evolversi più rapidamente e con maggiore gravità.
  • Piodermite: Un termine che include varie infezioni batteriche purulente della pelle, sia superficiali che profonde, causate da stafilococchi o streptococchi; le forme più estese o trascurate possono sfociare in vere e proprie masse favoidi, specie se non trattate tempestivamente con antibiotici adeguati.
  • Infezioni da MRSA: Le infezioni da Staphylococcus aureus resistente alla meticillina sono particolarmente aggressive e difficili da trattare; queste infezioni cutanee possono rapidamente degenerare in favi, soprattutto se iniziano come follicolite o foruncolo non gestiti con antibiotici mirati.
  • Infezioni fungine: Micosi superficiali come tinea corporis o tinea barbae possono causare rotture nella barriera cutanea e infiammazione cronica, rendendo la cute più vulnerabile a infezioni batteriche secondarie profonde, tra cui i favi.
  • Scabbia: Una parassitosi della pelle causata dall’acaro Sarcoptes scabiei, che induce un prurito intenso e persistente; il grattamento ripetuto può aprire la strada a infezioni batteriche sovrapposte, specialmente in pazienti immunocompromessi o in condizioni igienico-sanitarie precarie, predisponendo allo sviluppo di favi.
  • Herpes Simplex: L’infezione virale da HSV può causare vescicole dolorose su pelle e mucose; quando le lesioni vengono infettate da batteri, in particolare dopo manipolazione o grattamento, possono trasformarsi in aree infette che degenerano in favi in soggetti predisposti.
  • Tinea della Barba: Una micosi della zona della barba che può infiammare profondamente i follicoli piliferi; le lesioni tinee con infezione batterica secondaria possono mimare o trasformarsi in favi veri e propri, richiedendo una terapia combinata antimicotica e antibiotica.
  • Dermatofitosi: Infezioni da funghi dermatofiti che colpiscono lo strato superficiale della pelle, dei capelli e delle unghie; quando progrediscono senza trattamento, la pelle indebolita può divenire vulnerabile alle sovrainfezioni batteriche, aprendo la strada a quadri clinici complessi come i favi multipli.

    Queste patologie dermatologiche possono interagire con la favomosi in modi complessi, rendendo necessario un approccio multidisciplinare per la gestione e il trattamento delle infezioni cutanee.

    Il riconoscimento tempestivo e la gestione adeguata di queste condizioni correlate possono prevenire complicazioni e migliorare l’esito complessivo del paziente.


    Prognosi della Favomosi: è possibile guarire?

    La favomosi, o infezione da favo, è una condizione dermatologica che può essere trattata con successo, portando spesso a una guarigione completa.

    Ma la prognosi dipende da vari fattori, tra cui la tempestività e l’adeguatezza del trattamento, le condizioni mediche sottostanti del paziente e la gravità dell’infezione.

    Prognosi Generale della Favomosi

    • Guarigione completa: In una percentuale significativa dei casi, quando la favomosi viene diagnosticata precocemente e trattata in modo adeguato, si assiste a una completa risoluzione dell’infezione. Ciò significa che, con le terapie corrette, le lesioni guariscono completamente senza lasciare esiti cicatriziali significativi, e il paziente può tornare a una condizione cutanea normale. Questo processo di guarigione avviene generalmente nell’arco di alcune settimane, a condizione che venga seguito un adeguato protocollo di cura e che si mantengano buone pratiche igieniche per prevenire recidive.
    • Trattamenti efficaci: I principali strumenti terapeutici includono gli antibiotici, sia topici che sistemici, che si dimostrano efficaci nel contrastare i ceppi di Staphylococcus aureus, inclusi alcuni ceppi resistenti se trattati con molecole specifiche. Il drenaggio chirurgico, praticato nei casi più estesi o profondi, consente di evacuare il pus e ridurre la pressione e il dolore locale, facilitando una più rapida riduzione dell’infiammazione. L’integrazione di cure di supporto come impacchi caldi, analgesici per il dolore e disinfezione quotidiana della zona colpita contribuisce ulteriormente ad abbreviare i tempi di recupero e a prevenire complicazioni.

    Fattori che Influenzano la Prognosi della Favomosi

    • Tempestività del trattamento: Una delle variabili più critiche nella prognosi della favomosi è il momento in cui viene avviata la terapia. Intervenire nelle fasi iniziali dell’infezione permette di bloccare rapidamente la proliferazione batterica e prevenire la diffusione dell’infezione ai tessuti circostanti o al flusso sanguigno. Al contrario, un ritardo nella diagnosi o l’assenza di trattamento può portare a complicazioni come la formazione di ascessi profondi, necrosi tissutale o persino sepsi. Un trattamento tempestivo consente inoltre di utilizzare terapie meno invasive e ridurre la durata complessiva del decorso clinico.
    • Condizioni mediche sottostanti: La presenza di malattie croniche come il diabete mellito, disturbi autoimmuni, HIV/AIDS o altre forme di immunosoppressione può compromettere la capacità dell’organismo di reagire efficacemente all’infezione. In questi pazienti, la risposta immunitaria è ridotta o alterata, rendendo l’infezione più aggressiva e più lenta a risolversi. Inoltre, queste condizioni aumentano il rischio di recidiva e richiedono trattamenti più prolungati, con un monitoraggio medico costante per prevenire peggioramenti. La gestione integrata di queste patologie è fondamentale per migliorare la prognosi della favomosi.
    • Resistenza agli antibiotici: L’emergere di ceppi batterici resistenti, come il MRSA (Methicillin-Resistant Staphylococcus aureus), rappresenta una delle sfide più complesse nella cura della favomosi. Questi batteri non rispondono ai comuni antibiotici beta-lattamici e necessitano dell’impiego di farmaci più specifici e potenti, come la vancomicina o la linezolid, che richiedono supervisione ospedaliera e possono comportare effetti collaterali significativi. La presenza di resistenza antibiotica non solo rallenta la guarigione, ma aumenta anche il rischio di complicanze sistemiche e ospedalizzazione.

    Complicazioni Potenziali della Favomosi

    • Diffusione dell’infezione: Quando la favomosi non viene diagnosticata e trattata tempestivamente, l’infezione batterica può estendersi oltre il follicolo pilifero e coinvolgere gli strati più profondi della pelle, così come i tessuti sottocutanei adiacenti. Questo può provocare condizioni gravi come la cellulite, un’infiammazione diffusa del tessuto connettivo sottocutaneo, spesso accompagnata da febbre e linfadenopatia. Inoltre, nei casi più severi, può formarsi un ascesso profondo che potrebbe richiedere intervento chirurgico per essere drenato. La diffusione può anche causare dolore intenso, limitazione funzionale dell’area colpita (ad esempio il collo nel caso della nuca), e cicatrici permanenti.
    • Sepsi: Sebbene rara, una delle complicanze più pericolose della favomosi è la sepsi, una risposta infiammatoria sistemica dell’organismo all’infezione batterica che si diffonde nel sangue. Questo accade quando i batteri responsabili del favo, come lo Staphylococcus aureus, riescono a penetrare la barriera cutanea e raggiungere il circolo ematico. La sepsi può rapidamente progredire in shock settico, con calo della pressione sanguigna, insufficienza multiorgano e, in assenza di trattamento immediato, morte. I soggetti immunodepressi, gli anziani e i pazienti con patologie croniche sono particolarmente a rischio. Il ricovero ospedaliero, la somministrazione di antibiotici per via endovenosa e il monitoraggio intensivo sono essenziali per salvare la vita del paziente in questi casi.
    • Recidive: Anche dopo un trattamento riuscito, alcuni pazienti possono andare incontro a episodi ricorrenti di favomosi. Le recidive sono particolarmente comuni in persone con fattori predisponenti persistenti, come diabete non controllato, scarsa igiene personale, uso continuato di farmaci immunosoppressivi o condizioni cutanee croniche (es. dermatite atopica). Le recidive possono manifestarsi nello stesso sito o in aree diverse, con un decorso clinico spesso più severo rispetto all’episodio iniziale. La gestione a lungo termine prevede un approccio integrato che include miglioramento delle condizioni generali del paziente, prevenzione delle infezioni cutanee attraverso l’igiene e, talvolta, profilassi antibiotica.

    Prevenzione delle Recidive della Favomosi

    • Igiene personale: Mantenere una buona igiene quotidiana è uno dei pilastri fondamentali nella prevenzione delle recidive di favomosi. È essenziale lavare la pelle con detergenti delicati almeno una volta al giorno, prestando particolare attenzione alle aree soggette a sudorazione o attrito, come la nuca. L’uso di asciugamani, spazzole, pettini e indumenti personali deve essere strettamente individuale, evitando condivisioni che potrebbero favorire la trasmissione di batteri. È utile anche cambiare regolarmente la biancheria da letto e disinfettare oggetti di uso quotidiano che entrano in contatto con la pelle. L’applicazione di soluzioni antisettiche nelle aree a rischio dopo rasatura o traumi cutanei può contribuire a mantenere l’ambiente cutaneo meno propenso alla proliferazione batterica.
    • Gestione delle condizioni sottostanti: Il controllo efficace delle patologie che compromettono la risposta immunitaria o l’integrità cutanea è cruciale per evitare nuove infezioni. Per esempio, un diabete mal gestito aumenta il rischio di colonizzazione batterica e prolunga i tempi di guarigione delle lesioni. È fondamentale mantenere la glicemia entro i limiti raccomandati e monitorare eventuali sintomi cutanei. Allo stesso modo, malattie dermatologiche croniche come eczema, psoriasi o follicolite devono essere tenute sotto controllo con terapie specifiche per ridurre la possibilità che si trasformino in infezioni secondarie più gravi come il favo. Anche la sospensione o il monitoraggio di farmaci immunosoppressori, dove possibile, dovrebbe essere valutata insieme allo specialista.
    • Educazione del paziente: Informare il paziente sui fattori di rischio e sulle modalità di insorgenza della favomosi rappresenta un elemento preventivo strategico. L’educazione deve includere il riconoscimento precoce dei sintomi (come prurito localizzato, arrossamento, gonfiore, o dolore cutaneo) e l’importanza di rivolgersi al medico ai primi segnali per evitare complicazioni. I pazienti dovrebbero essere sensibilizzati sull’importanza della continuità terapeutica, del rispetto delle prescrizioni antibiotiche, e sulla necessità di completare il ciclo di trattamento anche quando i sintomi sembrano risolti. L’adozione di stili di vita sani — come una dieta equilibrata, esercizio fisico moderato, sonno adeguato e riduzione dello stress — può migliorare l’immunocompetenza generale, rendendo l’organismo più resistente alle infezioni ricorrenti.

    In breve, la prognosi della favomosi è generalmente buona con un trattamento tempestivo e adeguato.

    La maggior parte dei pazienti guarisce completamente, ma è importante considerare i fattori individuali che possono influenzare l’esito del trattamento.

    Una gestione olistica che include cure mediche, igiene personale e trattamenti preventivi è essenziale per assicurare una guarigione completa e prevenire recidive.


    Complicazioni dovute da un Favo della Nuca trascurato o malgestito

    Le complicazioni dovute a un favo della nuca trascurato o malgestito possono essere significative e potenzialmente gravi.

    Questa condizione, causata dall’infezione dei follicoli piliferi da parte di batteri come lo Staphylococcus aureus, può portare a una serie di problemi se non trattata tempestivamente e adeguatamente.

    Ecco un’analisi dettagliata delle complicazioni più comuni:

    1. Diffusione dell’infezione: Quando un favo non viene trattato in modo tempestivo ed efficace, i batteri responsabili possono estendersi oltre l’area originaria dell’infezione, penetrando nei tessuti circostanti. Questo può causare cellulite, un’infiammazione dolorosa e diffusa del tessuto sottocutaneo, caratterizzata da rossore, gonfiore marcato, calore locale intenso e dolore acuto. In assenza di trattamento, la cellulite può diffondersi rapidamente, coinvolgere ampie zone corporee e portare a gravi conseguenze, inclusa la necrosi tissutale. La gestione prevede terapia antibiotica sistemica e monitoraggio medico stretto.
    2. Ascessi più profondi: Un favo non gestito può evolvere in uno o più ascessi profondi, ovvero raccolte di pus che si formano all’interno dei tessuti molli. Questi ascessi sono spesso dolorosi, fluttuanti al tatto e accompagnati da sintomi sistemici come febbre o malessere generale. La loro presenza indica che l’organismo non è riuscito a contenere l’infezione in superficie. Il trattamento può richiedere interventi chirurgici di drenaggio, talvolta multipli, oltre all’uso prolungato di antibiotici ad ampio spettro.
    3. Batteriemia e sepsi: Se i batteri presenti nel favo riescono a penetrare nel flusso sanguigno, si sviluppa una condizione nota come batteriemia, che può degenerare rapidamente in sepsi, una risposta infiammatoria sistemica potenzialmente letale. La sepsi è una emergenza medica e può provocare insufficienza multiorgano, shock settico e morte se non trattata in modo aggressivo in ambito ospedaliero. I sintomi includono febbre alta, brividi, tachicardia, respirazione accelerata, confusione mentale e pressione sanguigna pericolosamente bassa.
    4. Compromissione del sistema linfatico: L’infezione del favo può estendersi ai linfonodi regionali, causando linfoadenite, ovvero un’infiammazione dei linfonodi. Questi diventano gonfi, dolenti e sensibili al tatto, e possono limitare i movimenti del collo o della testa, se coinvolti nella regione cervicale. In casi più gravi, si possono formare raccolte purulente anche all’interno dei linfonodi stessi, aggravando ulteriormente il quadro clinico e richiedendo intervento specialistico.
    5. Estensione dell’infezione alle strutture profonde: Nei casi più trascurati o nei soggetti immunocompromessi, l’infezione può penetrare oltre la cute e il sottocute, raggiungendo muscoli, articolazioni o ossa. Questo può provocare osteomielite, un’infezione ossea dolorosa e difficile da trattare, o fascite necrotizzante, una forma estremamente aggressiva di infezione dei tessuti molli, che comporta necrosi rapida, dolore sproporzionato, febbre alta e shock settico. Entrambe le condizioni sono potenzialmente fatali e richiedono cure intensive, spesso con interventi chirurgici d’urgenza e ricovero prolungato.
    6. Formazione di cicatrici e deformità: L’infezione profonda e protratta può danneggiare in modo irreversibile il tessuto cutaneo e sottocutaneo, portando alla formazione di cicatrici fibrose, cheloidi o retrazioni cutanee. Queste alterazioni possono essere esteticamente impattanti, soprattutto se localizzate in aree visibili come la nuca o il volto, e possono compromettere anche la funzionalità locale, come la mobilità del collo o il comfort del cuoio capelluto. In alcuni casi, può essere necessario un trattamento chirurgico o dermatologico correttivo.
    7. Risposta immunitaria compromessa: Pazienti con diabete mellito, HIV/AIDS, patologie oncologiche o in trattamento con corticosteroidi o immunosoppressori sono particolarmente vulnerabili alle complicazioni da favomosi. In questi soggetti, il corpo ha una capacità ridotta di contenere l’infezione, che tende a progredire più rapidamente e in modo più grave. In questi casi è fondamentale un monitoraggio clinico costante, l’intervento precoce e l’adozione di un piano terapeutico personalizzato per evitare la cronicizzazione o la diffusione sistemica dell’infezione.

    Gestione e Prevenzione delle Complicazioni

    La gestione delle complicazioni dovute a un favo trascurato richiede un approccio integrato e immediato.

    È fondamentale:

    • Diagnosi tempestiva e trattamento precoce: È essenziale riconoscere il favo sin dalle fasi iniziali per evitare l’espansione dell’infezione a strutture più profonde o la diffusione sistemica. Una diagnosi precoce consente l’avvio di una terapia mirata, riducendo il rischio di complicanze come la formazione di ascessi, la cellulite o, nei casi più gravi, la sepsi. Inoltre, intervenire tempestivamente migliora il decorso clinico e riduce la durata complessiva della malattia, oltre a limitare le possibilità di recidiva.
    • Uso appropriato di antibiotici: L’identificazione del batterio responsabile, generalmente lo Staphylococcus aureus, e la valutazione dell’eventuale presenza di ceppi resistenti (come il MRSA) guidano la scelta dell’antibiotico più adatto. È fondamentale evitare terapie empiriche inappropriate, che possono risultare inefficaci e contribuire allo sviluppo di resistenze batteriche. L’uso corretto degli antibiotici, sia per via topica che sistemica, garantisce un’efficace eradicazione dell’agente patogeno e una risoluzione più rapida dell’infezione.
    • Drenaggio chirurgico: In presenza di raccolte purulente o quando l’infezione non risponde alla sola terapia farmacologica, è indicato procedere con il drenaggio. Questa procedura, effettuata in ambiente sterile, comporta l’incisione dell’area infetta per permettere la fuoriuscita del pus e ridurre la pressione tissutale. Il drenaggio non solo favorisce una guarigione più veloce, ma riduce anche il dolore, limita l’estensione dell’infezione e previene la formazione di cicatrici profonde.
    • Monitoraggio regolare: Dopo l’inizio del trattamento, è importante monitorare da vicino l’evoluzione clinica del paziente. Segni come febbre persistente, peggioramento del dolore, aumento del rossore o comparsa di linfonodi ingrossati devono essere attentamente valutati. Il monitoraggio consente di adattare la terapia in tempo reale, identificare precocemente eventuali complicazioni sistemiche e garantire che la guarigione proceda senza ostacoli. Nei pazienti immunocompromessi o con comorbidità, il follow-up deve essere ancora più scrupoloso.
    • Educazione del paziente: Informare il paziente sul proprio ruolo nella gestione della favomosi è cruciale per evitare recidive e promuovere una guarigione efficace. Le indicazioni devono includere come pulire e coprire la ferita, l’importanza di completare la terapia antibiotica anche se i sintomi migliorano, e i segnali di allarme che richiedono un’immediata rivalutazione medica. Inoltre, vanno fornite raccomandazioni igieniche per evitare il contagio o la diffusione dell’infezione ad altre aree del corpo o ad altre persone.

    Dunque, le complicazioni dovute a un favo della nuca trascurato o malgestito possono essere gravi e richiedono una gestione attenta e tempestiva per prevenire conseguenze negative per la salute del paziente.

    La consapevolezza precoce dei sintomi e un trattamento adeguato sono cruciali per una prognosi favorevole e per evitare complicazioni potenzialmente gravi.


    FAQ sul Favo – Favomosi

    Ecco una tabella dettagliata sul Favo (Favomosi), con domande e risposte chiare e approfondite

    DomandeRisposte
    Che cos’è il favo (favomosi)?È una forma grave e cronica di tigna del cuoio capelluto, causata da un’infezione micotica che porta a lesioni profonde, crostose e maleodoranti.
    Qual è la causa del favo?È causato da funghi dermatofiti, in particolare Trichophyton schoenleinii.
    Come si trasmette?Per contatto diretto con persone infette, oggetti contaminati (pettini, cappelli), o animali infetti.
    Chi è più a rischio?Persone in ambienti promiscui, con scarsa igiene o in comunità rurali, specialmente bambini.
    Quali sono i sintomi iniziali?Lesioni giallastre a forma di scodella (scutula), prurito, desquamazione e perdita di capelli localizzata.
    Cosa sono le scutula?Croste concave, giallastre, formate da miceti, detriti cellulari e pus, tipiche del favo.
    Il favo è contagioso?Sì, altamente contagioso, soprattutto tramite oggetti condivisi e contatto diretto.
    Come si diagnostica?Con l’esame clinico, luce di Wood, esame microscopico di squame e coltura micotica.
    Quali sono le complicazioni?Alopecia cicatriziale permanente, infezioni batteriche secondarie, danno estetico e psicologico.
    Il favo provoca dolore?Può causare dolore o bruciore, soprattutto in caso di infezione batterica sovrapposta.
    Qual è il trattamento principale?Antimicotici sistemici (griseofulvina, terbinafina, itraconazolo) per settimane o mesi.
    Servono anche trattamenti locali?Sì, shampoo antifungini e lozioni antisettiche sono utili in combinazione alla terapia orale.
    Quanto dura la terapia?Può variare da 4 a 12 settimane o più, a seconda della gravità e della risposta individuale.
    Il favo può guarire completamente?Sì, con terapia adeguata, ma la perdita di capelli può essere permanente nelle zone cicatriziali.
    Il favo si presenta solo sul cuoio capelluto?Prevalentemente sì, ma può anche estendersi a sopracciglia o barba.
    I bambini possono ammalarsi di favo?Sì, sono una delle categorie più colpite, specialmente nei Paesi in via di sviluppo.
    Come si previene il favo?Evitando il contatto con soggetti infetti, mantenendo una buona igiene personale e non condividendo oggetti personali.
    Il favo ha odore?Sì, le lesioni possono avere un caratteristico odore sgradevole e rancido.
    È necessaria la rasatura dei capelli?In alcuni casi sì, per facilitare la pulizia e l’applicazione dei trattamenti.
    Il favo può recidivare?Sì, se il trattamento non è completo o se non si eliminano le fonti di contagio.
    Serve il ricovero?Raramente, solo in casi molto gravi o complicati.
    Esistono vaccini per il favo?No, non esistono vaccini specifici contro i dermatofiti.
    Qual è la differenza tra favo e altre tigne del capo?Il favo è più profondo, cronico e cicatriziale, con caratteristiche scutule e alopecia permanente.
    La terapia antibiotica è utile?Solo in presenza di infezioni batteriche sovrapposte, non per il fungo.
    Quanto è diffuso oggi il favo?È raro nei Paesi industrializzati, ma ancora presente in alcune zone rurali o in condizioni socio-economiche disagiate.
    Che aspetto ha il favo alla luce di Wood?Le lesioni emettono una fluorescenza verdastra o giallo-verde.
    Serve una biopsia cutanea?In casi atipici o dubbi, può essere utile per escludere altre condizioni.
    Quali medici curano il favo?Dermatologi, infettivologi e, nei bambini, anche pediatri.
    Si può prendere dal barbiere?Sì, se non vengono sterilizzati correttamente pettini e rasoi.
    La diagnosi può essere ritardata?Sì, il favo può essere confuso con psoriasi, eczema o altre dermatosi croniche.
    Si possono usare rimedi naturali?Non sono efficaci contro il favo; è necessaria una terapia antifungina sistemica.


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